Negli ultimi mesi la questione dei rifiuti gettati in mare è venuta a galla – per l’appunto – più volte, soprattutto grazie agli allarmi lanciati a più riprese dalle associazioni ambientaliste e messi sotto la luce dei riflettori anche in consessi di assoluto livello come lo scorso World Economic Forum .
Negli ultimi mesi la questione dei rifiuti gettati in mare è venuta a galla – per l’appunto – più volte, soprattutto grazie agli allarmi lanciati a più riprese dalle associazioni ambientaliste e messi sotto la luce dei riflettori anche in consessi di assoluto livello come lo scorso World Economic Forum . Allora vennero presentati dei dati che quantificavano in 13 miliardi di dollari l’anno l’impatto economico dei soli residui plastici nelle acque marine per l’industria ittica, e furono ancora una volta rese note le dimensio ni pazzesche delle isole di plastica formatesi negli anni nei vari oceani, la più grande delle quali, quella nel Pacifico tra la California e le Hawaii, misura una superficie di 8 milioni di chilometri quadrati. Non di sola plastica, tuttavia e purtroppo, sono inquinate le nostre acque, come testimonia l’ultimo rapporto sui rifiuti marini pubblicato da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente) e riferito specificatamente ai mari Adriatico e Ionio.
E se il problema delle isole di plastica non lo tocchiamo da vicino in quanto presenti prevalentemente in zone lont ane dall’Italia come il Pacifico, l’Atlantico e le acque tra India e Madagascar, per citare le più grandi, lo studio firmato Ispr a e pubblicato nell’ambito del progetto triennale IPA – Adriatico DeFishGear – campagna di monitoraggio che ha coinvolto istituti , enti e Università di sette Paesi che condividono il bacino Adriatico e Ionico (nel dettaglio, oltre all’Italia, Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Grecia, Montenegro e Slovenia) – ha svelato nel dettaglio quali tesori all’incontrario sono presenti nell e acque marine dove trascorriamo le nostre vacanze, oltre alla plastica, elemento che rimane prevalente e che è presente soprattutto per questioni legate allo smaltimento illecito dei rifiuti. La percentuale più grande, variabile tra il 33% e il 39% dei r ifiuti, proviene da pratiche inefficienti di gestione dei rifiuti, turismo e attività ricreative. Le attività strettamente connesse al mare – trasporti merci e passeggeri, pesca sportiva e commerciale, acquacoltura – contribuiscono al numero di rifiuti tro vati fino al 23%.
Da cittadini, devono far riflettere invece le percentuali relative al fumare in spiaggia (accendini e mozziconi di sigaretta), che sfiora l’8%, oltre a quelli di origine sanitaria, come fazzoletti, preservativi e assorbenti igienici, che supera il 2,5%. Numeri che ci dicono, in conclusione, che oltre a sperare nella legge per fermare lo scarico illecito dei rifiuti in mare, dobbiamo noi per primi stare attenti a garantire lunga vita alle nuove acque, senza gettare in mare e sulla spiaggia quanto ci capita in mano.